Le scimmie di Galta

Posted on 15 luglio 2011

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Fermo un rikshaw e contratto per andare fino alla fine di Jaipur: voglio arrivare a Galta, un santuario poco fuori dalla città chiamato anche Tempio delle Scimmie a causa di un’enorme colonia di primati che abita il luogo. Io e il mio autista appena maggiorenne ci immergiamo nelle strade ancora vuote di traffico e fredde del mattino. Basta poco per arrivare alla base della montagna su cui, in cima, svetta il tempio dedicato al Sole. Pago pochi spiccioli e saluto  con una piccola mancia il mio autista che mi ricambia con un sorriso e denti marci. Parto. Mentre cammino in salita esce qualche raggio di sole. Fa caldo e dalla strada di terra battuta salgono gli odori degli escrementi delle vacche delle capre e delle scimmie che popolano la scarpata su cui si stendono i tornanti. In cima mi aspetta il piccolo tempio, insignificante per l’architettura, ma carico di fede, e una famiglia in pellegrinaggio che vuole farsi fotografare. Se mi sporgo dal parapetto riesco ancora a vedere l’uomo piccolo e scuro che ho incontrato salendo. Forse per un voto, forse per devozione, sale la strada a carponi, sudando e bagnandosi del sangue che esce dai palmi delle mani e dalle ginocchia. Vado oltre al tempio e ridiscendo in un’altra valle. Cammino piano per godermi l’aria fresca che scende da una grotta e mi superano pellegrini vestiti di arancione. Qui il Gange non c’è e non c’è nemmeno il mare: per le abluzioni si ricorre ad una fonte sacra che sgorga dalla roccia e tutti stanno andando lì. Pochi metri dopo raggiungo l’ingresso del grande complesso templare, sono l’unico turista per il momento, ma già i fedeli popolano ogni spazio. Lascio le scarpe e scendo la scalinata tra le scimmie. Sopra il piccolo lago dedicato alle abluzioni maschili c’è una roccia da cui i ragazzi, millantando coraggio, si lanciano verso l’acqua, nel consueto gioco religioso che accompagna ogni pratica induista. Più in basso le donne si sciolgono i sari al vento per immergere le gambe e non solo nell’acqua popolata da scimmie che si abbeverano sazie. Mi siedo per riposare e un bambino si avvicina per giocare con il mio cappello. Glielo regalo e lui scappa tutto contento verso la madre che, da lontano, mi fa un cenno di ringraziamento.  Per così poco. Guardo l’orologio, è ora di scendere: tra poco c’è il treno per New Delhi e da lì all’aeroporto: in serata parte il volo per Roma, in ogni cosa così lontana da qui.

Mentre ridiscendo la montagna incontro altri pellegrini e un gruppo di turisti americani rumorosi per niente in sintonia con il luogo. Poco dopo attraverso un branco numerosissimo di scimmie selvatiche: mi consolo pensando che per quanti turisti fastidiosi possano giungere a Galta, non saranno mai tanti quante le scimmie che popolano questo luogo sacro. Una scimmia sembra farmi l’occhiolino e io, per ringraziarla, le lancio un frutto che tiro fuori dal mio zaino.

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