Mali: il Rumore di Bamako

Posted on 29 agosto 2011

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Rumore, la prima cosa che mi colpisce della città. Anche dal G Point, il punto panoramico sopra la città, si sente Rumore.  Lontano, quasi un brusio, ma si distinguono i motori, le voci e qualche melodia di tamburi da una radio troppo alta. Gli occhi distinguono appena le figure umane che brulicano tra le case base, ma il trambusto, attutito da smog e calura, fa palpitare Bamako, la capitale del Mali. Due milioni di abitanti, strade difficili da percorrere stracolme di venditori, biciclette e automobilisti improvvisati. In fondo, verso il fiume Niger, ecco il palazzo presidenziale, regalo di Gheddafi, più verso la pianura si staglia la Moschea: tra pochi giorni inizia il Ramadam e allora la vita si placherà per tutti i mussulmani.

Mentre visitiamo l’interessantissimo museo, un boato fa scoppiare il temporale che durerà solo pochi minuti, ma lascerà uno strascico di pioggia tutto il giorno.

Nel mercato c’è fango e i venditori si affaticano a tenere pulita la merce ma è inevitabile che il pesce affumicato si schizzi di fango, che il rosso delle noci di cola si sporchi di marrone e che le stoffe si appannino di umidità nascoste sotto buste di plastica nere. Nella parte dedicata all’artigianato tutti si danno da fare con il legno o con l’argento, con i telai o con la pelle; turisti se ne vedono pochi in questa stagione, e in generale non è un buon momento per il Mali: la Francia ha dichiarato la sua ex colonia territorio pericoloso e ha sconsigliato di viaggiare nel paese, con il risultato di impoverire di colpo una nazione che vedeva nel turismo una delle poche risorse in via di sciluppo. Ovunque ci viene regalato un sorriso, senza insistenza, e un saluto. I bambini che si sentono già cresciuti osano avvicinarsi per darci la mano, alla maniera degli occidentali, per poi scappare intimiditi sorridendo verso gli amici che li spalleggiano con invidia. Le donne portano i bambini sulle spalle, legati con una stoffa colorata: ce ne sono moltissimi, qui infatti la popolazione è composta per la maggior parte da minorenni e le previsioni dicono che nel giro di vent’anni la popolazione raddoppierà e quadruplicherà tra quaranta. Chissà se questo territorio sarà in grado di alimentare i loro stomaci e i loro sogni o se, almeno per i secondi, rimarrà ancora l’Europa la meta prediletta.

Prima di uscire dal mercato la pioggia ci regala una piccola tregua e così i venditori di feticci liberano la loro merce: mani di scimmia, pappagalli morti, teste di coccodrillo, di cane, di iena, il tutto con un contorno di mosche e puzzo insopportabile. Solo con una moneta ottengo il permesso di fare qualche scatto e intanto la nostra guida mi spiega che, a richiesta, sottobanco i venditori tengono anche pezzi di corpo umano: occhi, mani, cuori e soprattutto organi sessuali maschili e femminili. Le persone vengono qui a comprare quello che i medici (a metà tra l’Islam, l’animismo e l’erboristeria) dicono loro di procurare per poter preparare la pozione adatta al loro malanno. Una volta acquistati i feticci il malato torna dal medico che gli confeziona, attraverso specifici rituali, quello di cui ha bisogno. E i clienti, qui attorno, non mancano…

In serata mangiamo in un ristorante tradizionale mentre un timido suonatore di kora ci intrattiene in maniera distratta. Bevuto l’ultimo sorso di gingembre usciamo per strada e il nero quasi acceca: l’elettricità qui c’è quasi sette giorni su sette ma sono pochi i lampioni e poche le macchine che hanno i fari funzionanti. Le strade sono confuse e polverose e i volti scuri degli abitanti della città si mescolano con la notte senza stelle.

E’ sabato sera e Bamako è in gran fermento: da queste parte vengono quelli che hanno qualche soldo, qui ci sono i pochi posti che vendono bevande alcoliche, i locali con la musica, le discoteche; i giovani e i meno giovani fanno le file vestiti all’occidentale, con abiti lucidi e cravatte di seta al ritmo incessante del tunz tunz americano, sono pochi quelli con gli abiti tradizionali, molte le donne. Scegliamo “Le Diplomate”, rinomato locale per la musica dal vivo. Nel grande cortile si assiepano seggiole e panche oltre che tavoli per chi vuole cenare e divanetti per chi cerca un certo discreto contatto fisico.  Arriviamo in anticipo ma il locale è già stracolmo di persone che esibiscono vestiti curati e pettinature perfette. Uno ad uno i musicisti attaccano un’improvvisazione, poi un uomo di mezza età con il volto segnato e l’abito tradizionale bianco inizia a cantare tra gli applausi, poi è la volta di un ragazzo più giovane e dall’abbigliamento più consueto. Con lui la pista s’infiamma e le persone applaudono sempre più forte accompagnando il ritmo dello jambé. Qualcuno si alza, prima un paio di giovani sfacciati, quasi buffi, poi la pista si riempie.

Anche la sera a Bamako è l’ora del Rumore: più organizzato ma sempre rumore.

E per noi è ora di tornare in albergo: il nostro viaggio in Mali è solo all’inizio!

Altre tappe del viaggio in Africa

In Senegal: DakarIsle de GoreeLago RosaSaint LouisLangue de BarbarieToubaJoal Fadiouth.

In Gambia: Banjul e Juffureh.

In Mali: BamakoDjenneTimbuktuSegouPays DogonMopti.

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