
Se nel XIX secolo ad un cittadino francese capitava in sorte, per scelta o per obblighi lavorativi, il trasferimento nelle Colonie Africane, il posto da tutti più agognato era Saint Louis, nel nord dell’attuale Senegal. Qui c’era il meglio della borghesia francese espatriata, qui c’erano begli edifici e un clima di allegria che regnava tutto l’anno. Oggi Saint Luis non è cambiata molto, costruita su un’isola in mezzo al fiume, è ancora stracolma di edifici coloniali originali, in gran parte restaurati, e un’atmosfera davvero speciale. L’isola si visita in calesse, seguendo i ritmi lenti degli zoccoli che rimbalzano sulle strade di terra battuta che si intersecano perpendicolari, seguendo un progetto di urbanizzazione degno dei libri di architettura. I palazzi antichi svettano lungo la strada ospitando alberghetti e ristorantini, qualcuno ha dei negozietti, molte sono le abitazioni private. Originariamente tutti gli edifici erano di proprietà di famiglie francesi ma oggi, grazie al meticciato (che qui è protagonista di una festa grandiosa dove si rappresenta il lusso che caratterizzava le Signares, le donne meticcie maritate con ricchi francesi). L’albergo dove dormiamo noi, come molti qui, trasuda storia. Le camere sono arredate con mobili originali mescolati a mobili vecchi, i pavimenti riportano ad un gusto europeo del secolo scorso, e tutto racconta di un lusso, ormai in decadenza da decenni. Fuori dall’isola vivono i pescatori, con i loro cumuli di pesce fumante sopra griglie sotto cui brucia sterco di vacca. Qui la vita segue i ritmi dell’Africa contemporanea, e sembra di stare anni luce dall’isola coloniale. Lo stesso vale per i villaggi a nord di Saint Louis, dove le popolazioni nomadi della Mauritania vengono a vivere alla ricerca di lavori temporanei nelle fabbriche senegalesi. I loro villaggi sono ancora più poveri di quelli senegalesi, e le loro facce un po’ più tristi, con negli occhi la nostalgia di chi ha dovuto lasciare il proprio paese.
La sera, dalla terrazza dell’hotel, guardiamo il fiume nero e le case senza elettricità mentre mangiamo spiedini di pesce con salsa al burro e succo di Baobab e Guava. Noi turisti siamo i nuovi colonizzatori, i ricchi che vengono, girano con il calesse e scattano fotografie ai poveri che ricambiano con un sorriso, prima di andarsene dopo due giorni, avendo approfittato magari del’hammam dell’albergo. La speranza è che i nostri soldi, spesi in trasporti, cibo, alberghi e cianfrusaglie, servano, almeno un po’, a far girare l’economia di un paese che ha bisogno, estremamente bisogno, di un piano per lo sviluppo economico che allontani per sempre i bui secoli di povertà.
Altre tappe del viaggio in Africa
In Senegal: Dakar, Isle de Goree, Lago Rosa, Saint Louis, Langue de Barbarie, Touba, Joal Fadiouth.
In Mali: Bamako, Djenne, Timbuktu, Segou, Pays Dogon, Mopti.
Posted on 24 settembre 2011
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