Notte Chiara nel Deserto Bianco

Posted on 5 novembre 2011

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La Jeep si arrampica e scivola, gira e romba, sale e si butta. Anche noi corriamo a piedi nudi su e giù per le dune, con le sciarpe in testa e i sorrisi stampati in faccia. Il sole già si sta abbassando sull’orizzonte, e il paesaggio a poco a poco cambia. All’inizio era nero di ossidiana poi si è sfumato nel marrone, nel giallo, e ora si sta trasformando a poco a poco in bianco.

Il Deserto Bianco è una delle maggiori attrazioni naturali dell’Egitto, ma è molto snobbata dai turisti che si concentrano lungo il Nilo o sul Red Sea. E sbagliano di grosso.

Penetrando nel deserto a poco a poco iniziano a comparire tra la sabbia delle onde di calcare bianco lavorate dal vento e dal tempo. Le tocco, mi aspetto schiuma e trovo pietra. E tra le onde bianche ecco le rocce, magnificamente scolpite dalla natura in figure e disegni. Prima di arrivare nel luogo dove si fermano tutte le jeep il nostro driver ci porta nel deserto dei fiori, dove ci arrampichiamo su una formazione rocciosa bianca a forma di fungo. Saliamo sporcandoci di calcare e faticando, ma lo spettacolo è impressionante. Attorno montagne di panna bianca accoccolata da millenni tra la sabbia. E sopra la panna una stracciatella di piccole rocce nere. Scendo e prendo quelle piccole rocce tra le mani. Hanno forma di fiori, infatti questo è chiamato Flower Desert, ma sono fossili neri di migliaia si anni. Con la Jeep arriviamo dove sono state scattate le foto delle cartoline del Deserto Egiziano, una valle di funghi di rocce, illuminate e colorate dalla luce del sole che scende lontanissimo ma vicino. Nel silenzio passeggiamo accarezzando con i piedi e con le mani uno spettacolo naturale unico al mondo, qualcosa che uno non si aspetta, un regalo da uno zio lontano il giorno del tuo compleanno, un anello in una fetta di torta, un bacio mentre dormi. Ringrazio qualcuno per essere lì. Non so chi. Ringrazio per essere così fortunato. Fortunato di poter godere di quello spettacolo e fortunato di avere gli strumenti per goderne. Ringrazio per poter essere in grado di apprezzare il bello. I colori si fanno arancioni, e il sole scende e si nasconde, iniziando il suo viaggio nell’Am Duat, il mondo dei morti per gli antichi egiziani. Con la poca luce che rimane il nostro driver monta attorno alla Jeep una piccola tenda che ci riparerà per cucinare e mangiare nel deserto, mentre io mi allontano a disegnare con la pipì la roccia bianca. Accendiamo il fuoco, la cui luce ci impedisce di vedere il cielo che si riempie di stelle. Ma basta allontanarsi di qualche metro per godere di quello spettacolo. Intanto il tè bolle in una teiera che si scalda sulla fiamma, e nella brace cuoce il pollo raccolto in carta di alluminio, abbracciato da spezie egiziane. La cena è ottima, forse anche per il paesaggio e l’atmosfera. Nella notte passeggiamo al buio. Non c’è la luna, che è piccola e nascosta, ma le rocce bianche riflettono la luce che arriva dal cielo. Non sarà mai nera la notte in questa parte di mondo.

Per dormire montiamo una piccola tenda che riempiamo di coperte di cammello pesanti e odorose. Nessun rumore nella notte, eccetto i piccoli passi delle volpi che si fanno attorno alla nostra tenda e che la mattina ci lasciano come ricordo le loro impronte. L’alba è rosa. Come tutte le albe del mondo. Rosa sono le rocce e rosa i nostri volti assonnati. Il freddo ci stringe l’uno sull’altra. Ci abbracciamo in silenzio davanti al sole che sorge, in uno dei posti più belli del mondo.