
Una città di morte e di vita. Un posto pieno di persone e di preghiere, di monasteri e templi. Tutto lungo la sponda del fiume più sacro del mondo, il Gange. Varanasi, l’essenza dell’India. In compagnia di una guida eccezionale.
Quando arrivo alla stazione trovo, assieme ai centinaia di autisti di rikshaw che cercano di venderti una corsa a prezzo astronomico, Nandan, il ragazzo di Varanasi che mi ospiterà a casa sua in questi giorni. Bassetto, un po’ sovrappeso, occhialini da miope e un inglese dalle consonanti molto marcate, come tutti gli indiani. Ci siamo conosciuti attraverso un sito di couch surfing e siamo entrati subito in sintonia: “Vieni a casa mia qualche giorno”, è stata la sua proposta “e se ti va ti porto in giro a vedere la mia città”.
Nandan ha meno di 30 anni e una grande casa in stile indiano. Con lui vive la moglie e un figlio capitato per caso due anni e mezzo fa, prima che fosse sposato. Quando l’attuale moglie ha scoperto di essere incinta ci fu una specie di sollevazione popolare tra i parenti di lei e i due furono costretti a fuggire dalla città. Nottetempo, come in un film di Bollywood, Nandan e la fidanzata fanno i bagagli di nascosto e partono per Mumbai, la città dove i sogni si possono realizzare e dove Nandan ha degli amici che possono ospitarlo. Il parto avviene in un ospedale di periferia e dopo pochi giorni i soldi sono già finiti, così i due, diventati ormai tre, si imbarcano sul treno che li riporta a Varanasi e poco dopo sono a casa. Una lavata di capo e un matrimonio celebrato in fretta ripara tutti gli attriti, e inizia la vita famigliare. Nandan però ha finito tutte le rupie e per far fronte ai vari debiti deve vendere il piccolo negozio di seta che aveva aperto vicino al fiume. Senza più niente da fare e con due bocche da sfamare Nandan si rimbocca le maniche e, tramite il web, inizia a cercare lavori come interprete collaborando con varie ONG straniere. Secondo la tradizione indiana va a vivere nell’appartamento dei genitori che lasciano le stanze principali per relegarsi in una piccola camera. Nandan vive con la famiglia in sessanta metri quadri e per il resto sistema tre stanze con un letto e un piccolo armadio per ospitare turisti o ricercatori che decidono di stabilirsi a Varanasi per molte settimane. Ha anche una connessione internet in tutte le stanze della casa, cosa rara a Varanasi, ma lui con il web si sta creando una vita. Nandan è intelligente e divertente, ama la sua città che conosce a memoria e ama la sua terra e la sua religione che pratica con poca costanza anche se non si toglie mai il suo cordone da brahmino, la casta più alta del complesso sistema sociale indiano. (Quando un giorno, girando per la parte sud della città, un impellente bisogno di urinare coglie entrambi in una via deserta decidendo così di fermarci per decorare il fango con la nostra acqua, vedo Nandan che si arrotola il cordone da brahmino attorno all’orecchio: è il segno di rispetto verso la propria fede in un momento di bassezza del corpo, mi dice, ma credo che si faccia soprattutto per non bagnarlo)
La casa di Nandan si trova accanto ad uno dei maggiori Ghat della città, l’Assi Ghat. Il Ghat è la scalinata sul fiume che porta al Gange, il luogo su cui si svolge la maggior parte della vita degli abitanti e dei pellegrini di Varanasi. Per raggiungere il suo appartamento si entra in un vicolo stretto che svolta a sinistra, ricolmo di mucche e motorini. Al piano terra c’e’ il soggiorno, la camera da letto in cui dormono con il bambino tra loro (è un ottimo anticoncezionale, mi dice Nandan), un piccolo tempio domestico e la cucina. In un’altra ala vivono i vecchi genitori, due signori che sembrano usciti da un’altra epoca. Al primo piano c’e’ la mia camera, semplice e pulita, ricolma di libri in inglese. Mi sento come a casa di un amico qui, con la moglie che prepara le frittelle di pane per colazione e serve la cena sui cuscini del soggiorno.
Mangiamo chiacchierando, con il piccolo che gioca con la collana di Shiva che porta al polso. Mi racconta dei suoi progetti: vuole studiare meglio l’inglese, vuole conoscere a fondo l’India e gli indiani, vuole sostenere l’esame per diventare una guida professionista e vuole girare il suo paese facendo conoscere ai turisti le meraviglie che lo hanno creato.
Sono passati un po’ di anni dal mio soggiorno a casa di Nandan e ci sentiamo spesso per tenerci aggiornati sulle nostre vite. Nandan continua ad ospitare persone nella sua casa, scrive un blog, collabora come citizen journalist per tv e testate web ed è riuscito a prendere il tesserino diventando guida professionista.
Prima o poi tornerò a trovare quella famiglia, ritrovando il figlio ormai diventato uomo. Succederà forse tra molti anni, ma tornerò.
Posted on 3 giugno 2012
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