Unorthodox Tour a Williamsburg – Brooklyn

Posted on 26 agosto 2022

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Uno dei ricordi più particolari che mi porto dal nostro viaggio a New York è la passeggiata che ho fatto nella parte sud di Williamsburg, a Brooklyn. Qui vive un’enorme comunità chassidica di Ebrei Ultraortodossi, quella, per intenderci, resa famosa dalla serie di Netflix Unorthodox.

La comunità è enorme e raddoppia di volume ogni sette anni poiché chi le appartiene crede che, come compensazione per le morti dell’Olocausto, gli Ebrei debbano moltiplicarsi in maniera esponenziale.

Un padre porta i figli alla scuola ebraica di Williamsburg

Si sposano appena maggiorenni e poi via: otto, dieci, anche dodici figli a coppia, fino a che l’età lo permette.

Una giovane coppia ultraortodossa si trasferisce nella sua nuova casa

Gli uomini, a partire dai tre anni, fanno crescere i riccioli ai lati del capo (payot) e, per tutta la vita indossano pantaloni neri, cappotto nero, scarpe nere e cappello a falde larghe, anch’esso nero (escludendo quello di pelliccia usato per le occasioni eleganti). Le donne non possono mostrare alcun lembo di pelle, esclusi mani e viso, per cui indossano calze coprenti anche d’estate, gonne sotto il ginocchio, camicie e maglioni a vita alta e… parrucche. Per loro è vietatissimo mostrare i capelli ad alcun uomo che non sia il marito. Per cui, a partire dal giorno del matrimonio (combinato da un sensale o dai genitori, come si vede bene nella serie israeliana Shtisel) le donne non possono mai mostrare i propri capelli in pubblico tanto che, per evitare disastri, molte se li radono completamente.

Un ebreo ultraortodosso al mercato fa la spesa per lo Shabbat

Oltre a queste limitazioni ci sono quelle alimentari, che portano all’estremo le regole del cibo kasherut, quelle che hanno a che fare con la tecnologia (esistono telefoni kosher che non fanno foto, non vanno su internet e non mandano messaggi), la vita sociale soprattutto femminile (le donne ad esempio non possono leggere libri secolari, andare all’università, guidare la macchina) e molti altri aspetti.

Famiglia di Ebrei Ultraortodossi a Williamsburg – Brooklyn

La comunità chassidica di Williamsburg è composta da Satmar di immigrazione Ungherese ed è, come immaginabile, molto chiusa su sé stessa, sia per evitare critiche dai vicini di casa (gli americani hanno -più di noi- una naturale intolleranza per la privazione della libertà), sia per evitare che i giovani si lascino contaminare e decidano di abbandonare l’ultraortodossia.

Negozio di dolci e caramelle kosher

Nonostante questo negli ultimi anni diverse persone hanno scelto di vivere una vita laica, ce lo racconta bene il documentario One of Us (sempre su Netflix) o il bellissimo libro “Ex Ortodossa” di Deborah Feldman. Tra queste persone c’è anche Fried Vizel (friedavizel.com) che mi ha accompagnato nel giro del quartiere dove è nata, cresciuta, dove si è sposata a 18 anni seguendo con il marito le regole classifiche fino a che ha deciso di scappare con il figlio appena nato per allontanarlo da quelle regole che sentiva soffocanti.

Cappello e cappotto di un uomo hasidico

Oggi che sono passati anni e ha deciso di accompagnare le persone in un tour culturale nel suo ex mondo, leggo nelle sue parole uno sguardo consapevole, ferito, ma anche risolto e mai compassionevole. Ormai ha fatto pace con il suo passato e quando ci racconta la sua storia, le sue vie, ci fa entrare nei negozi, saluti amici della sua vita precedente, si sente che quel mondo le appartiene ma anche che non ne vuole più fare parte. Probabilmente per fuggire da una realtà così estrema occorre una cesura netta, il grigio non è ammissibile. Ci ha parlato della sua famiglia, di come è il loro rapporto oggi, ci ha mostrato le scuole, i negozi dei dolci, quelli dei giocattoli, i negozi di elettronica, le edicole,…

Negozio di giocattoli per bambini di famiglie di ebrei ortodossi

Il quartiere durante il nostro giro è pieno di gente, in particolare di uomini che, il venerdì, sono incaricati di fare compere per lo Shabbat e, unico giorno della settimana, di prendere i figli a scuola.

Qui tutto sembra appartenere ad un altro mondo, difficile da esplorare e da comprendere ma carico di fascino nella sua unicità.

Un giovananissimo ebreo ortodosso

La visita si conclude sedendosi al tavolo di un Deli di quartiere dove assaggiamo alcuni piatti che fanno parte della dieta dei Satmar di Brooklyn. Ci alziamo con l’amaro in bocca, e non per quello che abbiamo mangiato ma per quello che abbiamo visto e ascoltato.

Un padre porta in giro uno dei suoi figli

E’ tutto talmente lontano da noi che è facile giudicare, puntare il dito, sentirsi migliori. Ma non è (del tutto) così: dal loro punto di vista la loro vita nella comunità è protetta e sicura (ad esempio le porte non hanno chiavi e chi ha il codice d’ingresso lo lascia appeso in caratteri yiddish accanto al campanello) e le regole che devono seguire (per la maggior parte regole sociali e non religiose, questo è importante) non sono dissimili da altre, completamente diverse, che dobbiamo seguire noi per conformarci ai nostri mondi di riferimento (che siano quelli dei social, dei nostri amici, del nostro lavoro, della nostra comunità).

Ebrei ortodossi per le vie di Williamsburg

Prima di lasciare il quartiere compro qualche gioco per bambini in un negozio di Lee Avenue, si tratta di Playmobil di una coppia di ultraortodossi vestiti con abiti tradizionali e, naturalmente, un bambino da allattare.

Siamo sicuri che ci sia una così grande differenza con la Barbie con gli shorts rosa, le gambe lunghe, i capelli biondi, il trucco pesante e la borsa firmata?

Playmobil per ebrei ortodossi in un negozio di Williamsburg
Giocattoli per Ortodossi sulla mia libreria (con libro di Deborah Feldman